Allungando lo sguardo, i tre fratelli si trovarono al cospetto di una barca straordinariamente bella. Tutt’altro che piccola, aveva lo scafo di una lunghezza di circa nove metri e una larghezza di oltre tre metri. Due potenti motori fuoribondo, a due tempi e ad iniezione diretta, consentivano di raggiungere, in breve tempo, una velocità ragguardevole di circa cinquanta nodi. La carena, a forma di V, era abbastanza profonda; anche il pozzetto prodiero era profondo e ulteriormente protetto da un basso corrimano tubolare, infisso nel bordo per tutta l’estensione del pozzetto. Nel blocco della consolle era ricavato un vano chiuso a livello più basso del ponte dove si trovavano i servizi igienici, e vari stipetti. La consolle era ben protetta, oltre che dall’hardtop, anche da un parabrezza di cristallo temperato. Due poltrone affiancate, regolabili, magistralmente imbottite e sezionabili, consentivano di adattarle alla guida in piedi e da seduti. Alle spalle delle due poltrone era piazzato un blocco con ribalta, dove erano stati inseriti il lavello, il piano per la preparazione delle esche e una vasca con ricircolo. A poppavia si trovava il pozzetto libero con una panca imbottita, ma riciclabile. Nel pavimento c’era una grande vasca per il pescato. Sull’hardtop, ben piazzante, svettavano cinque portacanne; altre erano inserite nella mastra che contornava il pozzetto. Le canne in riposo trovavano la loro collocazione lungo le murate in appositi supporti. Sullhardtop si trovavano le antenne e il radar.